Il giudice Fiona Maye e suo marito Jack sono l’espressione migliore della cultura umanista e illuminista occidentale. Non dico “britannica”, perché a prescindere dalle parrucche, dagli ermellini e dai rosoni neogotici delle Royal Courts of Justice di Londra la storia potrebbe svolgersi in qualsiasi altro paese occidentale.
Fiona (Emma Thompson) è un giudice estremamente abile, competente e professionale, è molto devota alla propria professione e si occupa per lo più in questioni bioetiche o di diritto di famiglia. Il primo caso in cui la vediamo impegnata è l’autorizzazione richiesta da un ospedale a separare due gemelli siamesi Bisogna ucciderne uno per salvare l’altro contro il volere dei genitori. L’autorizzazione viene ovviamente concessa: la ragione occidentale sa far i conti e sa senza nessun dubbio che un morto solo è meglio di due morti.
Il marito di Fiona, Jack (Stanley Tucci), è un docente universitario di lettere classiche, un uomo che conosce a memoria Tucidide e Marco Aurelio. Fiona e Jack abitano in un appartamento meraviglioso, pieno di libri, nel centro di Londra. Jack e Fiona sono perfettamente inseriti al vertice della società britannica, in una situazione socioeconomica stellare che molti giovani laureati in legge e lettere potrebbero solo sognare. Al centro dell’appartamento un meraviglioso pianoforte a coda Fazioli: se ne producono cento pezzi all’anno e Fiona lo suona divinamente, da professionista.
Questo per dire che la cultura umanista non può avere cristallo più puro e perfetto di questa coppia.
Jack ama Fiona e probabilmente viceversa, ma lei è talmente inghiottita dal suo mestiere, la somministrazione della ragione umanista, che si è dimenticata di dimostrare qualsiasi interesse verso il marito. Non hanno avuto nemmeno figli perché - ci viene detto più tardi - Fiona era troppo presa dal suo lavoro, e poi era troppo tardi, e così via. Il marito le dice chiaramente che ha intenzione di iniziare una relazione extraconiugale con un’altra donna verso la quale - è evidente - non prova il minimo interesse. Il suo unico obiettivo è ridestare Fiona, che non ricorda più nemmeno l’ultima volta che hanno fatto l’amore
Contestualmente un ragazzo minorenne malato di leucemia rifiuta le trasfusioni di sangue necessarie a salvargli la vita in nome della sua fede (è un Testimone di Geova). Con una decisione irrituale il giudice va a incontrare il ragazzo, canta con lui alcuni versi di una poesia di Yeats: lo risveglia insomma alla vita, vita che poi gli impone con la sentenza che dispone le trasfusioni. E la vita fluisce davvero nelle vene del ragazzo riempiendolo di entusiasmo, di gioia di vivere. A quel punto però, il dramma. Il ragazzo si è innamorato del giudice Maye, della sua cultura, dell’umanesimo da lei incarnato, ma Fiona è troppo perfetta nella sua esecuzione per sbracare, per concedersi per mostrarsi davvero umana: l’umanità riesce a filtrare solo attraverso le rarissime crepe di una esecuzione altrimenti perfetta. Il marito nel frattempo torna a casa, ancora evidentemente innamorato di lei, ma neppure con lui riesce a riavviare il dialogo. Il ragazzo nel frattempo, respinto dalla perfezione di Fiona nei suoi ardori così ebbri e stupidi eppure così belli e poetici, si riammala nuovamente. Nel frattempo però è maggiorenne e decide -stavolta con la sua testa e non con quella dei suoi genitori - di rifiutare le trasfusioni e morire. “Perché?”, piange Fiona. “Perché no?”, risponde lui.
Questo film mette in scena con una incredibile recitazione il dramma delle élites occidentali